Corso “Interpreting for Refugees”, l’interpretariato in ambito umanitario

Corso "Interpreting for Refugees", l'interpretariato in ambito umanitario

20 Lug Corso “Interpreting for Refugees”, l’interpretariato in ambito umanitario

Questo mese TradInFo ha scelto di rendere omaggio agli oltre 70 milioni di rifugiati, richiedenti asilo e sfollati nel mondo dedicando il post di luglio a un interessante corso che alcuni dei suoi soci hanno frequentato nei mesi di maggio e giugno, intitolato “Interpreting for Refugees: Contexts, Practices and Ethics”.

La tempistica non è casuale: lo scorso 20 giugno, infatti, si è celebrata la Giornata Internazionale del Rifugiato. Istituita dalle Nazioni Unite nel 2000, la ricorrenza commemora l’approvazione da parte dell’Assemblea Generale ONU della Convenzione relativa allo Statuto dei Rifugiati, avvenuta, appunto, il 20 giugno 1951. Come ogni anno, anche per questa edizione 2020 si sono moltiplicate le iniziative di sensibilizzazione, seppure in versione digitale nel rispetto delle restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria, promosse dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).

Sviluppo, destinatari e obiettivi

A novembre scorso, TradInFo aveva dedicato l’articolo “Interpretazione e inclusione sociale dei rifugiati: il progetto Inter4Ref” a questo programma, il cui corso Interpreting for Refugees: Contexts, Practices and Ethics” rappresenta uno dei risultati. Sviluppato dall’Università di Glasgow e reso disponibile tramite la piattaforma FutureLearn, si tiene on line e in lingua inglese. La frequenza è gratuita, ma è disponibile anche in versione a pagamento qualora si voglia ricevere un attestato a fine corso o si voglia avere accesso illimitato nel tempo ai contenuti.

I destinatari sono interpreti, con o senza esperienze pregresse in ambito umanitario, ma anche studenti aspiranti tali. L’obiettivo, far chiarezza sul ruolo dell’interprete in un contesto delicato come questo, ma anche e soprattutto dotare il professionista di strumenti e buone pratiche. Una necessità avvertita dagli addetti ai lavori in ragione del fatto che al momento non esiste ancora un corso di laurea specifico: l’interpretariato in ambito umanitario e sociale è spesso affrontato solo come uno dei tanti moduli all’interno dei curricula universitari in mediazione linguistica o interpretazione e chi si trova a operare in questi contesti è costretto a imparare sul campo, senza avere prima acquisito le competenze necessarie o una certificazione ad hoc. Una formazione adeguata, invece, dovrebbe prevedere un approccio interdisciplinare che, al di là della competenza linguistica e della padronanza delle tecniche interpretative, includa elementi come: conoscenza degli aspetti legislativi e della deontologia professionale, abilità comunicative, capacità di adattamento, gestione dell’emotività e dello stress, capacità di entrare in empatia con i soggetti coinvolti, rimanendo al contempo entro i limiti imposti dal ruolo.

Struttura e materiali

Il corso è strutturato in tre settimane, ognuna delle quali suddivisa in moduli e sottomoduli corrispondenti ad attività di vario genere, ma lascia totale libertà agli iscritti di procedere al proprio ritmo.

I materiali messi a disposizione vanno da articoli sul ruolo dell’interprete umanitario, a codici deontologici e riferimenti normativi, passando per video, simulazioni, interviste a interpreti già “rodati”, esempi tratti da incarichi reali e casi di studio.

Oltre alla flessibilità e alla varietà di contenuti e materiali, una delle caratteristiche principali del corso è l’interattività. Dopo ogni sottomodulo, infatti, i partecipanti sono invitati a lasciare un commento o rispondere a una o più domande. Ogni partecipante può leggere i commenti degli altri corsisti e mettere un like, alla maniera di Facebook, o ri-commentarli. Anche i quattro professori dell’Università di Glasgow a capo del progetto interagiscono lasciando feedback, rispondendo a dubbi e fornendo riferimenti per l’approfondimento. Ne scaturisce, insomma, uno scambio di idee ed esperienze che arricchisce il corso di ulteriori spunti di riflessione.

Alla fine di ogni settimana è previsto un quiz e, al completamento delle tre settimane, ogni partecipante deve produrre un breve elaborato che viene inviato a un altro corsista per la peer review, a sottolineare ancora una volta l’ottica di condivisione e apprendimento reciproco con cui è stato pensato il corso. 

Contenuti

La prima settimana ha carattere introduttivo. Si forniscono alcune definizioni per inquadrare meglio la figura dell’interprete in ambito umanitario e si presentano i contesti più comuni: territori teatri di catastrofi naturali, conflitti bellici, emergenze sanitarie e altre crisi di vario genere, ma anche, nei paesi di approdo, centri di accoglienza, questure, istituzioni sanitarie, scuole. Si trae poi spunto dalla pratica, purtroppo diffusa, di utilizzare membri della famiglia, a volte addirittura minori, nel ruolo di interpreti, per sottolineare le differenze fra interpreti cosiddetti “informali” e interpreti professionisti. Segue un approfondimento sulla confusione terminologica esistente tra i concetti di richiedente asilo e rifugiato e sul lungo iter che porta alla concessione dello status di rifugiato nel paese di accoglienza.

La settimana successiva si focalizza sull’interazione tra le parti coinvolte:

  • service provider: il rappresentante dell’istituzione che eroga il servizio per cui si rende necessaria l’interpretazione;
  • beneficiario: il richiedente asilo/il rifugiato;
  • interprete.

Si evidenzia quanto l’interpretazione in questo ambito possa essere complessa a livello di gestione delle emozioni e dello stress. È molto frequente, infatti, che le tematiche affrontate vertano su esperienze traumatiche vissute dal richiedente asilo/rifugiato come abusi, torture, violenze, ricatti, discriminazione: ciò può avere un forte impatto emotivo sull’interprete che, riportandone le parole, è soggetto a un naturale processo di immedesimazione. Si suggeriscono, dunque, alcune strategie di coping per evitare che tale impatto comprometta la qualità della traduzione o porti a situazioni di burnout.

La terza e ultima settimana è dedicata all’analisi di alcuni codici deontologici e agli elementi che, secondo gli stessi, non possono mancare in un buon servizio, quali precisione, riservatezza, imparzialità, per citarne solo alcuni.

Il feedback dei nostri soci

In conclusione, abbiamo chiesto un parere ad alcuni dei soci TradInFo che hanno frequentato il corso. 

Ana María Pérez Fernández

«Consigliato non solo per chi è alle prime armi, ma anche per chi ha esperienza. I commenti dei colleghi danno preziose informazioni su altri contesti e casistiche. Incredibile la partecipazione degli organizzatori che leggono e rispondono ai commenti incoraggiando lo scambio».

Livia Lo Presti

«Il corso mette l’accento sul fattore umano: da una parte la necessità di limitare il coinvolgimento personale dell’interprete, e dall’altra quella di essere professionisti in grado di gestire la traduzione, ma anche tutti gli aspetti culturali, antropologici, religiosi e psicologici. Unica nota dolente: è un peccato che tutta l’interazione fra i partecipanti e con i docenti sia “relegata” ai commenti in chat alla fine di ciascuna unità».

Stefania Bua

«Ho apprezzato la possibilità di avere un dialogo costruttivo con tutti i partecipanti: ognuno ha generosamente condiviso la propria esperienza. Lo consiglio a chiunque sia interessato ad operare nel settore umanitario in quanto fornisce una chiara ed onesta panoramica su condizioni di lavoro, preparazione richiesta e implicazioni del ruolo».

Per ulteriori informazioni, il corso è ancora disponibile: “Interpreting for Refugees: Contexts, Practices and Ethics”

La tua opinione

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a cura di Laura Gervasi

1 Commento
  • Michela Bertozzi
    Pubblicato alle 11:40h, 21 Luglio Rispondi

    Bravissime le colleghe e bravi i partner di questo interessante progetto europeo che dimostra ancora una volta come in questo campo ci sia sempre più bisogno di formazione

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