Specializzarsi o no? Questo è il dilemma!

Specializzarsi o no? Questo è il dilemma!

18 Feb Specializzarsi o no? Questo è il dilemma!

a cura di Laura Gervasi

Intervista a tre soci TradInFo sulla specializzazione nel nostro lavoro

Abbiamo intervistato tre soci TradInfo sul tema della specializzazione nel nostro lavoro: la traduzione e l’interpretariato.

Traduttori e interpreti sono spesso visti come tuttologi e dizionari ambulanti. È una visione, lo sappiamo bene, poco realistica: al di là della competenza linguistica, la nostra professione richiede conoscenze a livello contenutistico e terminologico che si acquisiscono solo con tanta dedizione e tempo. In più, non sempre determinati settori hanno lo stesso appeal per tutti noi professionisti dei servizi linguistici.

Vale la pena quindi specializzarsi in determinati settori per ottimizzare i propri sforzi e garantire la miglior resa possibile ai propri committenti? Come si arriva a specializzarsi? È una scelta che alla lunga “paga” in termini di mole di lavoro o è forse meglio rimanere più “trasversali” per avere più possibilità?

Ecco i tre soci che hanno accettato di rispondere a semplici domande e condividere così la loro esperienza e il loro punto di vista sulla questione:

  • Sara Borchiellini, interprete per le lingue tedesco e inglese e socia TradInfo dal 2005; 
  • Claudia Pachiega, traduttrice e interprete di trattativa, lavora con le lingue inglese e tedesco ed è stata fra i primi colleghi a credere in TradInfo diventando socia nell’anno della nostra fondazione, il 2004; 
  • Matteo Anfuso, traduttore, interprete e docente universitario, lingue spagnolo e russo. È in TradInfo dal 2014.

In che ambiti/settori/terminologie sei specializzato/a e quanto spesso ti capita di lavorare con le tue specializzazioni?

S.B: «La mia principale specializzazione è in campo meccanico e automotive e lavoro per la metà, se non 2/3, dei miei incarichi in questo settore. Anche il settore della moda e quello enogastronomico rappresentano una buona percentuale».

C.P: «Dopo la laurea ho ricevuto i primi incarichi dal settore della compravendita immobiliare e di ciò che vi ruota attorno: atti notarili, visione di immobili, trattative negli studi tecnici per le ristrutturazioni. Mi sono quindi specializzata da subito in diritto immobiliare, in seguito ho aggiunto anche il diritto civile, penale e societario. Lavoro per lo più nell’ambito delle mie specializzazioni, tanto da rifiutare incarichi in altri settori come quello finanziario, meccanico ed editoriale, innanzitutto perché non mi appassionano. A volte mi capita di lavorare nel settore eno-gastronomico e turistico legato alla mia regione, le Marche».

M.A: «Credo sia necessaria una breve premessa: secondo me, il mercato della traduzione e dell’interpretazione oggi ci chiede di essere molto più versatili rispetto al passato. Detto ciò, io lavoro in prevalenza negli ambiti giuridico-istituzionale, tecnico-scientifico ed economico-finanziario per la traduzione; fieristico-aziendale, economico-finanziario e socio-comunitario per l’interpretazione. Lavoro in questi ambiti “10 giorni su 7”, perché è lì che opera la maggior parte dei miei clienti. Accetto lavori anche in altri settori, ma con minor frequenza. L’unico ambito in cui non ho mai lavorato – e mai lavorerò – è quello medico: non ho un buon feeling con la medicina!».

Dopo quanti anni di attività e come sei arrivato/a a queste specializzazioni? Si è trattato di una scelta consapevole o è stato il caso a portarti a poco a poco verso un determinato settore?

S.B: «Più che cercare in modo attivo la mia specializzazione, la specializzazione ha trovato me, un po’ come la montagna con Maometto! È stata una scelta non proprio voluta, ma senz’altro accolta con tanta curiosità, interesse e impegno, che poi hanno portato la passione per il settore».

C.P: «Con i primi incarichi ricevuti nel settore in cui lavoro ancora oggi, ho dovuto subito documentarmi e studiare; allo stesso tempo non appena si presentava l’occasione, partecipavo a corsi di formazione, seminari, webinar. La specializzazione si è costruita strada facendo ma posso dire che si è consolidata dopo 7-8 anni di attività e continua ricerca personale a livello terminologico, di contenuti e di aggiornamento».

M.A: «Per curiosità personale ho sempre cercato di lasciare aperte diverse porte. Dopo un paio di anni, ho capito che provavo più soddisfazione a lavorare negli ambiti su cui poi mi sono più concentrato. Da un lato è stata una scelta consapevole, dall’altro mi capitavano sempre più incarichi di lavoro in questi ambiti e, una volta iniziato il giro e averci preso gusto, è “difficile” uscirne. Un po’ come le ciliegie: inizi a mangiarne due, poi altre due, poi altre due ancora e così fino a saziarsi!».

Perché specializzarsi nel nostro lavoro? Credi sia utile a un determinato punto della carriera e cosa consiglieresti ai colleghi più giovani o a chi sta per intraprendere la nostra professione?

S.B: «La specializzazione è un valore aggiunto, ci aiuta a diventare professionisti più richiesti in una particolare nicchia di mercato e questo in alcuni casi si traduce in tariffe più adeguate e padronanza della materia. Credo che la specializzazione vada cercata e scelta, tuttavia spesso si tratta di un’evoluzione naturale che viene dettata dal mercato in cui si opera».

C.P: «Penso che la specializzazione arrivi man mano che si ricevono gli incarichi: si inizia ad avere più dimestichezza con i concetti e la terminologia di un certo settore e si investe nella formazione, dall’altro lato si cominciano a rifiutare incarichi in ambiti del tutto diversi che richiederebbero troppa ricerca terminologica e studio per essere redditizi. Credo che la specializzazione permetta non solo di svolgere l’incarico a regola d’arte, ma anche di essere veloci nella consegna – per le traduzioni – e spigliati nell’esecuzione – per l’interpretariato -. All’inizio della carriera è normale accettare incarichi in settori diversi tra loro pur di cominciare a lavorare, poi oltre alla frequenza con cui arrivano lavori nello stesso settore, conta anche la passione per una materia, che ci spinge ad approfondirla. Confesso che non avrei mai cercato il diritto, lo odiavo proprio, invece è stato lui a cercare me e devo dire che adesso mi interessa e appassiona tantissimo!»

M.A: «Un traduttore e/o interprete specializzato può di certo garantire una preparazione e una qualità migliori. Credo sia giusto, soprattutto all’inizio, formarsi in diversi settori per poi specializzarsi in base agli interessi personali e alle richieste del mercato. Un consiglio che mi sento di dare a chi intraprende la nostra professione: siate curiosi e in grado di adattarvi a ogni situazione. Con i miei studenti uso sempre questa metafora: l’armadio di un interprete è colmo di abiti diversi, mai farsi trovare sprovvisti dell’abito giusto da indossare in base al singolo incarico di lavoro!».

Per concludere

Un panorama molto variegato: ci fa capire che in un lavoro scelto per passione 99 volte su 100 è possibile orientarsi verso i settori che ci sono più congeniali o perfino unire utile e dilettevole, scegliendo di specializzarsi in un ambito che magari coltivavamo già come interesse personale. Come dire, anche se a volte possiamo avere la percezione che il mercato negli ultimi anni sia sempre più saturo di figure professionali come la nostra, vale la pena fermarsi a riflettere e considerare che in realtà c’è spazio per tutti. Siamo tutti diversi e unici, oltre che come persone, anche come professionisti della traduzione e l’interpretazione, ognuno con la sua esperienza, le sue specializzazioni e i suoi interessi.

E adesso cari colleghi siamo curiosi di sapere da voi quali specializzazioni più o meno bizzarre possiate vantare, quindi fatevi avanti e dite la vostra. Puoi scrivere il tuo commento in questo post o sui profili social di TradInFo su Facebook e Twitter e se ritieni che questo articolo sia stato utile o possa essere oggetto di un dibattito, ricorda di condividerlo sui social network.

 

3 Commenti
  • Gloria Remelli
    Pubblicato alle 13:21h, 18 Febbraio Rispondi

    Ritengo molto interessanti gli spunti forniti dai colleghi, specie sulla possibilità di specializzarsi in un settore nostro malgrado. Quando ho iniziato a tradurre, ricevevo molti lavori sul tema delle energie verdi sul quale avevo incentrato anche la mia tesi di laurea, immaginavo che avrei seguito sempre quel solco e sicuramente mi sono specializzata, ma dopo un paio d’anni non mi sono più capitati testi così. Mi sono specializzata anche in altri ambiti e farsi trovare sempre pronti è un valore essenziale, secondo me.
    Grazie per le riflessioni!

  • Elisabetta Zoni
    Pubblicato alle 00:58h, 19 Febbraio Rispondi

    una lettura molto stimolante, grazie! credo sia importante valutare in prospettiva il potenziale volume di lavoro disponibile nel settore in cui vorremmo specializzarci, e se resterà più o meno costante nel tempo. in ogni caso, credo sia sempre bene coltivare almeno due o più settori di specializzazione, e avere una buona preparazione generale per quanto riguarda la traduzione tecnica/settoriale, la terminologia e l’uso dei software di traduzione assistita, in modo da far fronte ai cambi di settore, spesso inevitabili, che un mercato sempre più volatile ci impone.

  • Cecilia Vecchiotti
    Pubblicato alle 15:14h, 20 Febbraio Rispondi

    Argomento interessante! Ho lavorato come Linguista e poi Content Manager in-house per PayPal, per 9 anni, specializzandomi nel settore e-commerce e pagamenti digitali “sul campo”. Devo dire che il linguaggio usato nel web, semplice e privo di fronzoli, mi si addice molto; sono stata fortunata ad aver trovato “la mia strada”.

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